La Laudato si' è un'enciclica sull'ecologia integrale in cui la preoccupazione per la natura,
l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore risultano inseparabili.
Così scrive Isabella Piro per presentare sommariamente i contenuti del testo.
L’ecologia integrale diventi un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita
umana: questo il cuore della seconda Enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’ sulla cura della casa comune”,
pubblicata il 18 giugno 2015.
Nei sei capitoli dell’Enciclica, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una
“conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per
“la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri,
l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.
Di seguito riportiamo in estrama sintesi i contenuti dei capitoli;
qui sotto invece potete scaricare il documento originale e integrale.
Enciclica laudato si'
(sulla cura della casa comune)
Il Papa mette in guardia dalle gravi conseguenze dell’inquinamento e da quella “cultura dello scarto” che sembra
trasformare la terra, “nostra casa, in un immenso deposito di immondizia”.
Dinamiche che si possono contrastare
adottando modelli produttivi diversi, basati sul riutilizzo, il riciclo, l’uso limitato di risorse non rinnovabili.
Anche i cambiamenti climatici sono “un problema globale”, spiega l’Enciclica, così come l’accesso all’acqua potabile,
che va tutelato in quanto “diritto umano essenziale, fondamentale ed universale”, “radicato nell’inalienabile
dignità” dell’uomo.
Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità perché ogni anno, a causa nostra, “scompaiono
migliaia di specie vegetali e animali che i nostri figli non potranno vedere”. E “non ne abbiamo il diritto”,
sottolinea Francesco, evidenziando poi l’esistenza di un “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud del
mondo, connesso a squilibri commerciali. “Il debito estero dei Paesi poveri – infatti – si è trasformato in uno
strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico”.
“Il deterioramento dell’ambiente e quello della società - afferma il Papa - colpiscono in modo speciale i più deboli
del pianeta”, spesso considerati “un mero danno collaterale”. Per questo, un vero approccio ecologico deve essere
anche sociale. La soluzione, allora, non è la riduzione della natalità, ma il contrasto ad un consumismo “estremo
e selettivo” di una parte della popolazione mondiale. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad una
“spensierata irresponsabilità” nell’uomo contemporaneo, urge “creare un sistema normativo” per assicurare la
protezione degli ecosistemi.
Si ribadisce la “tremenda responsabilità” dell’essere umano nei confronti del Creato e si ricorda che “l’ambiente è un
dono collettivo, patrimonio di tutta l’umanità”, “eredità comune” da amministrare e non da distruggere.
Seguendo il racconto biblico della Creazione, Papa Francesco evidenzia le tre relazioni fondamentali dell’uomo:
con Dio, con il prossimo e con la terra. Ogni creatura ha una sua funzione, nessuna è superflua e tutto è
“carezza di Dio”, scrive il Pontefice, ricordando che “ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura è contrario
alla dignità umana”.
Tuttavia, la cura degli altri esseri viventi va sempre accompagnata dalla “compassione e preoccupazione” per l’uomo.
Ed è per questo che serve la consapevolezza di una comunione universale. In quest’ottica, rientra il principio della
subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni: la tradizione cristiana, infatti, “non
ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, ed ha messo in risalto la
funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”.
L'enciclica, pur riconoscendo i benefici del progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, mette in guardia
dalla tecnocrazia
che dà “a coloro che detengono la conoscenza ed il potere economico di sfruttarla, un dominio impressionante sul
mondo intero”. Allo stesso tempo, l’antropocentrismo moderno, che non riconosce la natura come norma, perde la
possibilità di riconoscere il posto dell’essere umano nel mondo ed il suo ruolo di “amministratore
responsabile” dell’universo.
Ne deriva una logica “usa e getta” che giustifica ogni tipo di scarto, che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare
gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la
tratta di esseri umani ed il commercio di “diamanti insanguinati”. È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti
di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori. Di fronte
a tutto questo, occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale” che mantenga in primo piano il valore delle relazioni
tra le persone e la tutela di ogni vita umana, perché la difesa della natura “non è compatibile con la
giustificazione dell’aborto”.
Quindi, il Papa ribadisce la necessità di difendere il lavoro: tutti devono potervi accedere, perché esso “è parte
del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano”. “Rinunciare ad investire sulle persone
in nome di un profitto immediato è un pessimo affare per la società”, afferma il Pontefice, evidenziando la necessità,
a volte, di “porre limiti a coloro che detengono grandi risorse e potere finanziario”, affinché tutti possano
beneficiare davvero della libertà economica. Quanto agli ogm, definiti “una questione di carattere complesso”, il
Papa ne mette in luce, da una parte, il contributo alla soluzione di problemi economici, ma dall’altra le difficoltà
legate alla “concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi”. Per questo, afferma, serve “un dibattito
scientifico e sociale responsabile ed ampio, in grado di chiamare le cose con il loro nome”.
L’ecologia integrale divenga, dunque, un nuovo paradigma di giustizia, perché l’uomo è connesso alla natura ed essa
non è “una mera cornice” della nostra vita. “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale –
scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Di qui, il richiamo alla “amicizia civica” ed
alla solidarietà, sia intra- che inter-generazionale, la cui lesione “provoca danni ambientali”. L’ecologia integrale
“è inseparabile dalla nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una
opzione preferenziale per i più poveri”.
Non solo: la vera ecologia riguarda anche la cura delle “ricchezze culturali dell’umanità”, come ad esempio delle
“comunità aborigene”, e dell’ambiente urbano, per migliorare la qualità della vita umana negli spazi pubblici,
nelle abitazioni, nei trasporti che in molte città, scrive il Papa, comportano “un trattamento indegno delle
persone”. Centrale è anche l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio per accogliere il mondo intero come
casa comune donata dal Padre e vincere, così, la logica del dominio. In quest’ottica, il Papa esorta ad “apprezzare
il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità, poiché “non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare
la differenza sessuale”, con la quale non sa più confrontarsi.
Cosa possiamo e dobbiamo fare, dunque? chiede Francesco. E la risposta è “dialogare ed agire”. Certo, spiega,
“la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica”, ma l’esortazione
è comunque “ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità o le ideologie non ledano il bene comune”.
Il dialogo è ineludibile tra economia e politica, sottolinea il Pontefice, affinché “si pongano decisamente al
servizio della vita, specialmente della vita umana”. Il Pontefice chiama quindi in causa la politica internazionale
e non risparmia un giudizio severo sui vertici mondiali relativi all’ambiente che, negli ultimi anni, “non hanno
risposto alle aspettative” per una “mancanza di decisione politica”.
Al contrario, serve una governance globale che si occupi dei beni comuni globali, perché spesso “sotto il
rivestimento della cura per l’ambiente”, si aggiungono nuove ingiustizie per i Paesi più bisognosi di sviluppo e
finisce per “piovere sempre sul bagnato”. Non solo: Francesco pone l’accento sulle criticità di un sistema che mira
al “salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione”, e di un “dominio assoluto
della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi”.
Al livello nazionale, invece, la politica e l’economia devono uscire dalla logica di corto respiro, focalizzata
sul profitto e sul successo elettorale a breve termine, dando spazio a processi decisionali onesti e trasparenti,
lontani dalla corruzione che, in cambio di favori, “nasconde il vero impatto ambientale” dei progetti. Ciò che occorre,
in sostanza, è “una nuova economia più attenta ai principi etici”, una “nuova regolamentazione dell’attività
finanziaria speculativa”, un ritmo di produzione e di consumo più lento, così da “ridefinire il progresso”, legandolo
al “miglioramento della qualità reale della vita delle persone”. Anche i diversi movimenti ecologisti e le religioni,
in dialogo con la scienza, devono orientarsi alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una
rete di rispetto e di fraternità. E non è un caso se Francesco cita il Patriarca ortodosso Bartolomeo, il
filosofo protestante Paul Ricœur, il mistico islamico Ali A-Khawas. Numerose anche le citazioni del teologo
Romano Guardini.
Educazione e formazione restano dunque, le sfide centrali da affrontare.
Di qui, il richiamo a “puntare su un altro
stile di vita” perché “non tutto è perduto” e “l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra
casa comune”. Bastano piccoli gesti quotidiani, spiega il Papa: fare la raccolta differenziata dei rifiuti, ridurre
il consumo di acqua, spegnere le luci inutili, coprirsi un po’ invece di accendere il riscaldamento e soprattutto
“spezzare la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo”.
“La sobrietà – scrive il Pontefice – vissuta
con libertà e consapevolezza, è liberante” e “la felicità richiede di saper limitare quelle necessità che ci
stordiscono”, lasciandoci invece aperti alle “molteplici possibilità che offre la vita”. In questo modo, diventa
possibile sentire che “abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere
buoni e onesti”.