Pillole di storia

Il nostro territorio è ricco di notizie storiche ... del resto si trovava sulla principale "autostrada" dell'epoca.
Da qui transitavano eserciti, sovrani e personaggi importanti, pellegrini ...

Tutte le notizie riportate in questa sezione sono state elaborate da Augusto Codogno che ringraziamo infinitamente, e riprese integralmente dal sito web del Comune di Monteroni d'Arbia

Sono volutamente sintetiche, ma complete, comunque chiunque volesse contribuire ad ampliare questa sezione di notizie storiche con aneddoti, personaggi, avvenimenti che riguardano Monteroni e il suo territorio, può contattarci o inviarci il materiale; saremo ben contenti di raccoglierlo e pubblicarlo.

Buona lettura

La storia del territorio monteronese

Il suo sviluppo economico fu dovuto in gran parte all'espansione dell'Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena che vi acquisì numerosi terreni già agli inizi del 1200. Nel 1322, la costruzione di un grandioso mulino, operata proprio dall’ente senese di fronte alla già esistente chiesa di San Donato, diede il via all’accrescimento del borgo di Monteroni.

Nel XIV secolo, tutto l’abitato si stringeva intorno al mulino e alle due chiese (S. Donato e San Giusto), lungo la strada francigena.
Mentre il borgo era quasi tutto di proprietà del Santa Maria della Scala (mulino, palazzo adibito a magazzino del grano, due osterie, diversi fabbricati), la proprietà terriera era ancora in parte di famiglie magnatizie di Siena (Tolomei, Piccolomini, Mignanelli).

La Grancia di Cuna ebbe un ruolo fondamentale per questo territorio, non solo perché lo amministrava per conto dell’Ospedale di Siena, ma anche perché promosse molti miglioramenti tecnici dal punto di vista agricolo, comprese le bonifiche dei terreni vicini al fiume Arbia, edile, con la fortificazione di strutture difensive, costruzione di ponti e regimazione delle acque. Tutta la zona subì tuttavia diversi tragici eventi che ne frenarono ripetutamente l’incremento demografico e che causarono danni enormi alle strutture e alla popolazione a partire dalle pestilenze (quella del 1348 fu la più devastante), le incursioni delle Compagnie di Ventura a metà del XIV secolo e la cosiddetta “Guerra di Siena” (1553-1555) durante la quale fu bruciato il suo mulino, furono distrutte e danneggiate diverse chiese (Monteroni, Lucignano, Ponte d’Arbia), furono distrutti in parte i castelli di San Fabiano, S. Ansano Gherardi, Radi, Ville di Corsano.

Oggi il Comune di Monteroni d’Arbia è a tutti gli effetti, dal punto di vista storico e geografico, la porta di ingresso verso la provincia senese del sud e cioè di quell’area dal grandissimo valore paesaggistico e artistico il cui asse centrale, la Strada Francigena, ne costituisce l’ossatura. Recentemente, dopo gli anni del boom industriale ed artigianale di questo territorio (ora in flessione), la nostra terra sta riscoprendo una vocazione agricola, agroalimentare (dolci, salumi ecc..) e turistica.

Numerosi ritrovamenti e recenti ricerche, ci testimoniano come la Val d’Arbia fu abitata fin dal periodo protostorico e villanoviano.
Successivamente furono gli Etruschi a colonizzare le nostre colline (reperti a Monteroni e Tressa, tombe a Grotti, Radi e Corsano). Poi fu la volta dei Longobardi (Le Stine, S. Ansano Gherardi, la zona di Ville di Corsano) ed a seguire i Franchi e i Carolingi (San Fabiano, Lucignano d’Arbia). Intorno al Mille le nostre colline pullulavano di piccoli castelli (S. Agostino, Quinciano, S. Ansano, Radi, Ponzano, Larnino, Tressa, Grotti, Saltemnano, Lucignano, Tavena) e anche di Pievi (Corsano e Lucignano), ma stava colonizzandosi anche la pianura.

L’enorme e rinomata fertilità dei campi, la presenza di un grande corso d’acqua come l’Arbia e la sempre crescente importanza assunta dalla "Strata Francigena", crearono ben presto i presupposti perché anche in pianura si sviluppassero borghi di una certa densità abitativa.

E’ infatti intorno a questo periodo che si incominciano a trovare numerose pergamene che ci confermano come già nel 867 esistesse San Fabiano e la sua chiesa, nel 994 e nel 1037 Ponte d’Arbia (allora chiamato Borgo d’Arbia), nel 1085 Monteroni con il suo castello. Ponte d’ Arbia tra l’altro, fu proprio una delle tappe di sosta del Vescovo Sigerico nel suo celebre viaggio di ritorno da Roma in Inghilterra, testimoniata nel suo celebre diario (anno 990-994).
Da allora questi agglomerati assunsero sempre più importanza e sulla "Strada" cominciarono a nascere chiese, mulini, ospedali.

A partire da Ponte a Tressa (allora denominato S. Angelo a Tressa), fino ad arrivare a Ponte d’Arbia, (quindi attraversando da nord a sud tutto il Comune di Monteroni), si contavano nel XIII secolo ben 8 Ospedali (quello di Tressa nato nel 1219, quello di Cuna, di Monteroni, di Lucignano, di Quinciano, di Curiano, di Sorbitella (allora Selvitella), di Ponte d’Arbia (allora Borgo d’Arbia).

Il Borgo di Monteroni

La prima testimonianza scritta risale all’anno 1085, con la vendita del "Castello" di Monteroni, fatta dal Conte Ugo del fu Ranieri a Rodolfo Vescovo di Siena.

Il Borgo però comincia ad apparire nelle antiche carte nel XIII secolo, quando molte delle proprietà erano della famiglia Tolomei, dei Mignanelli e dell’ Ospedale S. Maria della Scala di Siena.
Nel 1290 anche la famosa Pia de’ Tolomei, (Pia Guastelloni da nubile), poi vedova di Baldo Tolomei, aveva una "domus" nel centro abitato di "Monterone Vallis Arbie".

Sempre nel Borgo, lungo la Francigena, sono ancora visitabili l’antica Chiesa di San Donato (già esistente nel 1244 ) e il Mulino fortificato dalla imponente mole (1322).
Il Mulino, fu voluto e costruito dall’ Ospedale di Siena ed amministrato per suo conto dalla Grancia di Cuna.

Nel Gennaio 1325 il mulino cominciava a macinare, nel 1280, dopo aver subito danneggiamenti ad opera delle Compagnia di Ventura, viene fortificato con "merli e barbacane". Viene infine incendiato durante la guerra di Siena (7 Luglio 1554), ma verrà risistemato in breve tempo e continuerà ininterrottamente la sua attività molitoria cessata solo pochi anni orsono.

Il Borgo di Monteroni fu un cosiddetto "Comunello oltre le Masse di Siena" fin da metà del 1200, ma diventò Comunità autonoma (Comune), solo 1809 con il Governo Francese.

Ponte a Tressa

L’antica Sant’Angelo a Tressa, la cui chiesa era già nota nel 1189, fu un borgo nato sulla francigena ai piedi di un piccolo castellare della nobile famiglia dei Salvani.

Qui dove la strada supera il torrente Tressa, nacque nel 1219 un famoso "Spedale", fondato da Ugolino Quintavalle ed accanto una piccola chiesa dedicata inizialmente dedicata a Santa Maria (S. Maria al Ponte).

Nel corso del 1200 sono testimoniati in questo borgo almeno due mulini ed è qui che cominciano a concentrarsi i primi beni dell’Ospedale di Siena che, aumenteranno in breve tempo in forma esponenziale, tanto da costituire uno dei motivi principali per cui si deciderà la costruzione della Grancia di Cuna (1314) e cioè quello di amministrare tutti i beni fondiari di quest’area.

La chiesa di S. Maria, che poi prese il titolo della vecchia parrocchia scomparsa e cioè S. Michele Arcangelo è visitabile e contiene alcune opere d’arte di notevole rilievo come ad esempio due quadri nella cappella a destra dipinti da Francesco Vanni, ma non solo. La tela dell'altare maggiore è opera del Rustici, mentre il Petrazzi dipinse (nell'arco della tribuna) la coronazione di Maria Vergine ed ancora delle tele di Annibale Mazzuoli. Infine un quadro del Crocifisso nella cappella a sinistra di Rutilio, altri laterali del Volpi e, nella sagrestia la "Beata Vergine del Rosario", opera ragguardevole del Beccafumi detto "Mecherino".

More di Cuna

Altra frazione lungo la francigena già esistente nel 1224. Le sue case, i suoi poderi (il Casalone per tutti) ed anche un "colombaio" furono da sempre quasi tutte di esclusiva proprietà dell’ ospedale S. Maria della Scala e per suo conto dalla Grancia di Cuna.

Lucignano d'Arbia

La sua antichissima Pieve, dedicata prima a Santa Cristina e poi a S. Giovanni Battista, era nota fin dal 913 quando il Vescovo di Siena Teodorico la cedeva al prete Ser Giovanni di Operto. Altri due importanti documenti, rispettivamente del Settembre 934 e del Luglio 945 ci confermano che la pieve era ancora titolata a S. Cristina.
Agli inizi del 1000, esercitavano una certa egemonia, sul poggio di Lucignano, i Conti Guiglieschi, che ai tempi erano anche proprietari di una vasta area della Val d’Arbia ed anche dei Castelli di Bibbiano e Castelnuovo Tancredi (Buonconvento). Questi nobili però, entrarono ben presto in conflitto con il Comune di Siena per la loro volontà di costruire in quel luogo un castello.

Nel 1186 i Guiglieschi (tal Guitto) cominciarono, nonostante i contrasti, ad edificare una fortezza a Lucignano, ma questo scatenò l’ira del Vescovo di Siena che, con la sua Pieve ed i suoi beni, deteneva in quel luogo un terzo delle proprietà. Anche il Comune di Siena, forte di un privilegio del Barbarossa datato 29 Novembre 1153, che vietava la costruzione di castelli nei dintorni di Siena per un raggio minimo di dodici miglia, si appellò alla Regia Camera.

Eletti pertanto i giudici, finalmente il 22 Ottobre 1186, tale Idone sentenziò che i Conti Guillieschi non avevano diritto alcuno di costruire in Lucignano in quanto un terzo del poggio spettava al Vescovo (a seguito di un atto fatto dal Conte Ugolino a favore di questi) e inoltre vigeva ancora la disposizione emanata dal Barbarossa nel 1153. Tale sentenza fu ratificata pochi giorni dopo, con esattezza il 25 Ottobre, da Enrico VI figlio dell'Imperatore Federigo . Nell'editto imperiale si ordinava la demolizione completa di quanto era già stato costruito.

In realtà i Conti Guillieschi continuarono ugualmente a fortificare Lucignano fino a che, nel 1270 il castello di Lucignano fu definitivamente inserito nel contado senese.
Lucignano fu sede di Vicariato che dopo una prima soppressione nel 1342, ristabilì tramite una petizione e mantenne fino al 1489.
Nel 1409 si dotò di un suo proprio "Statuto" di cui ancora oggi ne esiste copia nell’ Archivio di Stato di Siena.
Nel 1474 il Concistoro ordinò di fare altre mura, indicandone anche le dimensioni " usque ad cannas quinquaginta muri de muris castellanis dicti loci ": gli abitanti avrebbero partecipato con tre lire per ogni " canna ", detraendo tale somma dalle gabelle del mosto.
Nel 1809 il Comunello di Lucignano venne a far parte di quello di Monteroni.
Ancora oggi Lucignano ben conserva le due porte d’accesso al castello (quella a nord detta "senese" e quella a sud), ma non solo.
Il borgo è in gran parte rimasto intatto e sono ancora ben visibili, con ancora visibile parte di una torre di guardia, un pozzo medievale, vari stemmi ed iscrizioni e soprattutto la magnifica pieve romanica di S. Giovanni con una bellissima abside, un campanile a Vela ed un interno pregevole.
In questa chiesa, che divenne sede di Arcidiaconato ai tempi del Vescovo Petrucci, si conservava anche una famosa opera d’Arte rinvenuta durante alcuni restauri ed attribuita niente di meno che a Simone Martini: la "Madonna con Bambino".

San Fabiano

Castello e chiesa sulla riva destra del fiume Arbia, entrambi ancora esistenti.
La chiesa di San Fabiano è antichissima ed è citata tra i beni donati dal Conte Winigi nel 867 alla Badia di S. Salvatore della Berardenga (detta di Fontebona): “Donamusque et tradedimus ibidem curte et ecclesia nostra que hedificata est in honore Sancti Fabbiani super fluvio Arbia”.

San Fabiano fu un Comunello autonomo intorno al 1270-1280, ma a partire dal 1300 il suo destino fu sempre accomunato alla vicinissima Comunità di Monteroni dalla quale è diviso dal fiume.
Agli inizi del 1300 era quasi sicuramente di proprietà della famiglia Mignanelli che possedeva nelle vicinanze anche un mulino.

Nel 1402 è già attestato come fortilizio e nel 1409, quando risulta di proprietà della famiglia Terocci (Giovanni di Niccolò Terrocci o Terocci), “fu abbruciato dalle soldatesche di Ladislao della Pace Re di Napoli”. Nel 1453 è ancora dei Terocci, ma nel 1460 passa alla famiglia dei Forteguerri che la terrà per molti secoli.

Nel 1553-1555, ai tempi della “Guerra di Siena”, il Castello è di proprietà di Nicodemo Forteguerri, capitano delle truppe della Repubblica senese e, nel Luglio del 1554, cade inesorabilmente e definitivamente in mano delle truppe imperiali.
La famiglia Forteguerri, divenuta in seguito Bichi Ruspoli Forteguerri, continuerà però a rimanerne proprietaria fino al XX secolo.

Quinciano

La località di Quinciano era già nota nel primo secolo dopo al mille e la sua comunità godeva già di autonomia nel 1263. Questo "Comunello oltre le masse" rimase nei secoli fino a quando nel 1809 entrò a far parte del Comune di Monteroni d’Arbia. La sua Chiesa (S. Albano), fu una Canonica e già nel 1249 era guidata da un Priore.
Verso la fine del 1200, questa canonica possedeva un vastissimo territorio, un Mulino sul torrente Sorra (a circa 500 metri dalla chiesa) ed anche la chiesa di S. Pietro in Campo (zona di Caggiolo) era ad essa sottoposta.
Nel 1300, quasi tutte le proprietà di Quinciano erano della Famiglia Tolomei.
Un suo membro, Antonio di Meo di Incontrato Tolomei, nel Marzo 1322 è autore di una ingente vendita di beni all’Ospedale S. Maria della Scala. Si tratta di ben 350 staia di terra "laborativa e vignata" a Quinciano, per ben 5.366 lire.
Ma i Tolomei continuano a possedere in zona moltissimi beni, (è loro anche il vicino fortilizio di S. Lazzarello) ed anche il Priore della Canonica di Quinciano, nel 1386, era un membro della loro casata: Don Francesco di Biagio Tolomei.
A partire dal 1443 (atto del 3 gennaio), la canonica passerà ai frati agostiniani detti "Canonici Regolari di Santa Maria degli Angioli di Siena" che la tennero fino al 1780, anno della soppressione del loro ordine.
Dal 1420, alla canonica di S. Albano, era stata riunita definitivamente anche la chiesa di S. Pietro in Campo nei pressi di Caggiolo. Intorno al 1450, il famoso pittore Sano di Pietro dipinse nella chiesa di S. Albano la famosa "Incoronazione della Vergine", oggi conservata nel Museo d’Arte Sacra di Buonconvento.

Curiano

Località sulla Via Francigena nota già dal 1079, fu sede di un piccolo comunello già nel 1267.
L’importanza di una sua fonte indicata come nei pressi della “Costa di Churiano”, doveva essere rilevante, tanto da inserire l’obbligo del rifacimento della stessa nel constituto senese scritto in volgare di metà 1200.
Viene indicato anche che essa è molto comoda ai pellegrini che vi transitano.
La presenza della Francigena è testimoniata anche dal fatto che a Curiano sorgeva, almeno dal 1327, uno spedaletto intitolato ai Santi Niccolò, Domenico e Ambrogio.
Questo piccolo Borgo, oggi fattoria, fu nei secoli proprietà delle nobili famiglie Nini, Bandinelli, Sergardi e Mocenni, ma vi ebbero proprietà anche il Santa Maria della Scala di Siena e la “Casa di Misericordia di Siena”.

Ville di Corsano

L’attuale frazione denominata oggi “Ville di Corsano”, era nel medioevo divisa in diverse comunità, ognuna autonoma e facente parte di “comunelli” singoli. L’unica immutabile costante, era rappresentata dall’egemonia ecclesiastica della sua Pieve titolata prima a Santa Maria (1031) e poi a San Giovanni Battista che a partire dai primi anni del Mille, fu il riferimento per tutte le chiese ed i popoli di quell’area.
La Pieve Romanica detta semplicemente “di Corsano” ha una data scolpita nel travertino che indica l’anno 1189 (ultimo pilastro a sinistra), ma probabilmente si tratta dell’anno di rifacimento o di ricostruzione.
Ville di Corsano era a metà del 1200 divisa in diversi comunelli:

Villa al Piano:
L’attuale Ville di Corsano, di cui resta una torre difensiva.
Testimoniata già a partire dall’anno 1259 e come comunità dal 1263, fu interessata nella guerra di Siena nel Settembre 1554, quando gli imperiali bruciorno il palazzo della “Villa al Piano di casa Severini”. Nel XVII secolo vi era una Cappella detta della “Beata Vergine del Rosario”, poi “della Misericordia” di proprietà di Tolomeo Borghesi ed in seguito della famiglia Amerighi.

Villa al Colle:
L’attuale villa del Colle ora Azienda Agricola.
La prima notizia è del 1245, mentre si parla di comunità autonoma già a partire dal 1263. Rimase Comunello fino al 1809.
Nel 1278 vi abitavano 13 famiglie che passarono a 49 nel 1320.
Nel 1575 vi è testimoniato per la prima volta l’Oratorio di “San Gerolamo al Colle” di proprietà della famiglia Ugurgeri, come del resto la Villa stessa.
La proprietà passò poi ai Carli Piccolomini, poi ai Ballati Nerli che la tennero fino al 1850, poi ai Livini e nel 1874 alla famiglia Camaiori. L’oratorio esisteva ancora, ma era detto di Santa Lucia al Colle.

Corsano:

Era il popolo più vicino alla Pieve e comprendeva, oltre al Podere accanto alla Pieve, anche l’attuale Podere e fattoria di Corsano, Corsanello, Lisi, e San Donnino che fu anche chiesa.
La prima notizia è del 1079.
A partire dalla prima metà del 1500 il suo comunello autonomo viene a volte accorpato con quello di Monterosi. Tra i maggiori proprietari di questa località vi furono la famiglia Buoninsegni e poi quella dei Buonsignori (da metà XVI secolo) che vi dimorarono fino al secolo scorso.
Molto antica e famosa era la chiesa di S. Donnino, ora scomparsa, ma ubicata in quello che ancora oggi è il Podere omonimo. Di proprietà dei Canonici del Duomo, ospitò un importante bassorilievo di Jacopo della Quercia del 1437, ora alla Pinacoteca di Siena

Monterosoli:

Detto anche Monterosoli, abbiamo notizie fin dal 1193.
Fu un castello della famiglia Ugurgeri che poi passò alla famiglia Tolomei. Vi è testimoniata una chiesa a partire dal 1317. Un oratorio di S. Orsola vi è testimoniato fino a fine 1800 quando la proprietà è passata alla famiglia Del Taja

Grotti e Parmolaia:

Un altro comunello formato da due popolazioni in antichità separate: Grotti e Palmolaia.
Palmolaia, con la sua chiesa di S. Michele Arcangelo, è menzionata a partire dal 1079 e l’antico luogo di culto, oggi scomparso, era nell’attuale podere detto “Palmolaina”.
Grotti, fu ed è ancora oggi un bellissimo Castello.
La prima notizia della comunità risale al 1212, mentre notizie di un “Fortilizio”, risalgono al 1377, quando ne era proprietaria la famiglia Ugurgeri. Nel 1485 la proprietà passa alla famiglia de’ Marzi, ma nel 1524 torna agli Ugurgeri. Nel settembre 1554 la fortezza di Grotti viene espugnata dagli imperiali. In seguito passerà alla famiglia dei Ballati Nerli.

S. Ansano Gherardi:
Castello e Comunità già nel 1171, detto anticamente S. Ansano Lo Gherardi.
Nel 1271 (Consiglio Generale 15) Siena invia ad amministrare il Comune di S. Ansano, un rettore di “secondo grado”. Questo sta a significare che tra i comunelli della zona, l’ importanza di S. Ansano era notevole tanto da essere considerato “Districtu” (distretto) e richiedere un rappresentante con la delega a svolgere alcuni compiti amministrativi e giudiziari.

Ponte d'Arbia - Radi - Saltemnano

E’ una delle tappe certe del Vescovo Sigerico nel suo viaggio di ritorno (da Roma a Canterbury) nell’anno del Signore 994 ed esattamente la numero quattordici tra Torrenieri e Siena.

Qui si valicava il fiume Arbia e fu da sempre un punto strategico.

Nel 1037 proprio Ponte d’Arbia, ai tempi chiamato "Borgo d’Arbia", fu sede di una importante atto nel quale si stabiliva che la corte di "Chiatina" spettava al Monastero della Berardenga e per essa ad Ubertino Abate. Per la firma di tale "Istrumento", si mossero anche Ermanno Arcivescovo di Colonia, Bertoldo o Bertolfo, messo dell’Imperatore Corrado e Giovanni II Vescovo di Siena.
Numerose carte testimoniano la vitalità di questo borgo, già comune a partire dalla metà del 1200, ma spesso diviso e conteso tra le vicine Pievi di Sprenna e di Piana.

Dei suoi numerosi mulini, di cui si parla già a partire dal 1237, il più antico è quello cosiddetto "Lisandrini", non più esistente, mentre rimane ancora in splendida forma quello sul Ponte che fu anche denominato "di Serravalle" o di "Sprenna". Questo Mulino, che continuerà a macinare fino al secolo scorso, fu in seguito di proprietà dell’ Ospedale S. Maria della Scala di Siena, per poi passare nel settecento alla Nobile famiglia Lanci.

Radi

La località fu chiamata fino al secolo scorso "Radi di Creta".
Radi fu un Castello che fu della famiglia Placidi e ne abbiamo notizie fin dal 1079. Tra le sue chiese risulta quella di San Biagio (1220) e quella di S. Pietro (1238). La chiesa di San Pietro, in stile romanico è ancora oggi esistente.
Nel 1365/1366 la Compagnia di Ventura di Giovanni Acuto espugna e incendia il castello di Radi. La famiglia Placidi provvide in breve tempo a restaurarlo ma nel 1393 fu nuovamente espugnato dai Fiorentini che, dopo avere ucciso ventidue uomini, lo dettero alle fiamme riducendolo, come narra il Tizio nelle sue "Cronache", ad un cumulo di macerie. Nel 1666 Radi viene acquistato dal marchese Metello Bichi i cui eredi sono ancora oggi i proprietari.

Ville Petroni

Era l’antica comunità denominata S. Giovanni a Pompeggiano e testimoniata nei primi anni del 1200 con la sua antichissima chiesa di San Giovanni (1249).
Piccolo Comunello autonomo vide tra le famiglie nobile che avevano proprietà in loco, oltre alla famiglia Petroni, i Tolomei e i Tarugi (ramo del Vescovo di origini aretine). Questo comune poi, intorno al 1500 variò il suo nome da Villa San Giovanni a Ville Petroni e la sua chiesa da S. Giovanni a Santa Lucia. La chiesa di Santa Lucia, i cui resti ancora si vedono, fu poi riunita nel 1569 a quella di S. Stefano a Sovignano.
Nel 1692, i poderi di questa località erano ancora dei Petroni, ma nel 1746 erano passati alle monache di San Lorenzo. Anche il “Comunello di Ville Petroni” cessò nel 1809.

Saltemnano

Fu ed è ancora oggi un Castello.
La località è già nota fin dall’anno 1055, mentre le sue chiese sono scomparse. Ce n’erano almeno due: quella di San Michele Arcangelo detta semplicemente S. Angelo, fondata nel 1063 dal Vescovo di Siena e quella di San Paolo, testimoniata a partire dal 1240.
Anche Saltemnano fu un “comunello oltre le masse” dalla seconda metà del XIII° secolo fino al 1809, con tanto di “sindico” e successivamente “camerlengo”. Il Castello fu da sempre proprietà della nobile famiglia Massari, che ancora oggi vi abita e che nella storia senese ha avuto, tra i suoi discendenti, una notevole serie di incarichi di alto rilievo.